Il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari, Vincenza Palmieri ricostruisce la storia appassionata e coraggiosa che ha portato, oggi, il Pedagogista Familiare ad essere il traduttore sociale in grado di rispondere ai bisogni della Famiglia e delle Famiglie
“In data 8 maggio 2019, il Ministero dello Sviluppo Economico ha riconosciuto la figura del Pedagogista Familiare e ha iscritto l’ANPEF – Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari – nell’elenco delle Associazioni Professionali previste dagli Artt. 2, 4 e 5 della legge 4/2013″.
Le vittorie non sono mai solo motivo di grande gioia, di emozione. Sono anche il momento in cui si ripercorre una storia che ha fatto sì che quel risultato importante fosse possibile.
E nel ripercorrere la storia della Pedagogia Familiare italiana, non posso non ricordare l’impegno con le famiglie nell’alta Collina Materana, dove ho iniziato a lavorare con i Sindaci illuminati e lungimiranti, con i bambini; con i progetti nei parchi, con il sostegno alle mamme vittime del Caporalato che la mattina si alzavano alle 3 per andare a raccogliere le fragole nella campagna del Metapontino e affidavano i loro bambini ai vicini di casa o alle suore di paese.
Un modo diverso di essere Famiglia. In cui interventi autoritativi – diversamente da oggi – non erano possibili e neanche immaginabili.
Ma ancora prima della Collina Materana, l’esperienza con le famiglie nasce con la legge 180. Quando – con l’innovativa legge Basaglia – un grande fenomeno politico, economico, culturale arrivò a pervadere anche l’universo Famiglia.
La legge Basaglia aveva chiuso i manicomi e aperto nuove opportunità.
Si proponeva di restituire alle proprie famiglie, ai quartieri, alle città, persone che in gran parte ne erano state allontanate per una cattiva interpretazione degli atteggiamenti personali e delle risposte sociali.
Mi riferisco, dunque, al momento in cui gli ex ricoverati in manicomio dovevano tornare nelle proprie case e ai propri cari.
Questo non fu un processo facile. Le famiglie si rimisero in discussione, aprendo i propri vissuti ad una nuova interpretazione; accettando o meno di riprendere in casa i propri cari, spesso ingiustamente allontanati, preoccupati di quell’essere stravolto che si trovavano davanti.
Proprio da qui parte l’esperienza con le famiglie: 40 anni fa. Da un dibattito che, da allora, è ancora aperto. E si è evoluto nei fenomeni che hanno, infatti, attraversato fino ad oggi i momenti fondamentali del nostro Paese: il Femminismo, la nascita dei Consultori, l’Unione Donne Italiane, le Donne per la Famiglia, Famiglia Cristiana e così via.
L’esperienza dell’ANPEF segue questo percorso – attraversando anche il fenomeno delle famiglie criminali confinate in alcuni Paesi della Lucania – fino ad approdare a quel movimento confluito nella nascita del Ministero per la Famiglia e quindi nell’attuale Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Non poteva non svilupparsi, dunque, una figura che interpretasse questi fenomeni e comprendesse quelle che oggi sono le nuove famiglie: le famiglie interculturali, la famiglie miste, atipiche, arcobaleno, le famiglie migranti. E ancora: i bambini allontanati, le Case Famiglia, il fenomeno dell’Affido e dell’Adozione, la questione del genitore unico.
Tutto quello che oggi riguarda le famiglie, come anche disciplinato da recenti sentenze che sempre più entrano nel merito di quello che può essere l’universo familiare. Fino a giungere a soluzioni importanti che lo riguardano: la Mediazione Familiare, il Coordinamento Genitoriale, l’attenzione alle famiglie fragili, il family group, fino, appunto, alla Pedagogia Familiare.
Una Pedagogia per la Famiglia che è soprattutto un atteggiamento, un ascolto dei bisogni. Attenta lettura ed inclusione di questi in un sistema, in una sorta di “griglia” – che noi Pedagogisti Familiari chiamiamo Approccio Familiare Multidisciplinare Coordinato – che sta ad indicare la sinergia tra le competenze che, unica, può dare le risposte che le famiglie si aspettano.
La Pedagogia Familiare è dunque il traduttore sociale tra le parti. Capace di proporre modelli interpretativi innovativi – come le nuove Linee guida per il recupero della responsabilità genitoriale – per la riabilitazione in quanto genitori e per la strutturazione di ogni tipo di progetto solvente di cui la Famiglia, ogni singola famiglia, oggi può aver bisogno.
Il ringraziamento e l’augurio – in queste ore – va a coloro che ci hanno creduto; e che hanno sostenuto la Pedagogia Familiare, l’Associazione, hanno dedicato un po’ del loro tempo affinché un’idea preziosa potesse brillare in alto, dov’è giusto che sia.
Vincenza Palmieri, Presidente Associazione Nazionale Pedagogisti Familiari